L'operatore che impressiona la pellicola non trasmette trucchi visivi, paesaggi inventati, non dirige attori imbacuccati da primitivi, ma rende conto di qualcosa che si svolge in quel momento e in quel luogo e nelle cui difficili contingenze è lui stesso coinvolto. Le immagini sono segni di oggetti veri, di situazioni di un mondo che esiste; il linguaggio è tutto referenziale, non astratto, i suoi frammenti corrispondono ai volti reali.
I gesti sono registrati nella loro spontaneità: nel processo di traduzione del mondo esterno in inquadrature, in sequenze, in discorso filmico, si eliminano gli artifizi definiti "pro filmici", comunemente usati dai registi per trasformare, rivestire la realtà prima di restituirne l'immagine allo spettatore.